Dopo tante Ca' arriva la Chesa

A sud la chiamano “chesa”, ma se vai verso nord trovi la “ca”. I punti cardinali sono quelli della Romagna, da sempre crocevia di campanili, spessore della piadina e dialetti. Su questo Rimini ha sempre fatto un campionato a parte un po’ su tutto. Se infatti Bertinoro e Ravenna sfoggiano la comune matrice della Ca’, troviamo rispettivamente Ca’ del be’ e Ca’ de Vén, la città felliniana allunga a Chesa e con il vino che diventa Vein.

Insomma, tutto sto pippone di dialetti e pronunce per rimarcare il ritorno alla vita di uno dei locali storici nel riminese, quella Chesa de Vein, sepolta dalle ragnatele per otto lunghi anni, tra incuria, covid e burocrazia. Illustre la storia lungo tre gestioni nei decenni, con quella di Giorgini a fare da spartiacque, perché era “uno che di cibo e di vino se ne intendeva”, sottolinea Rino Mini. A parlare è l’ex patron di Galvanina perché è lui a mettere il sigillo a questa nuova scommessa nel mondo della ristorazione, dopo le recenti aperture sempre a Rimini (piazza Cavour) e San Marino.

Mini è uno che quando si muove fa le cose per bene. E in effetti i dettagli non sono lasciati al caso alla Chesa de Vein. Il locale si trova nella metà quasi esatta tra il Duomo e la stazione dei treni, e appena metti piede ti trovi davanti un grande faro tinto di rosso prelevato da qualche porto. Chiaro il riferimento alla città marinara di Rimini, così come originale la scelta di un laboratorio per le mozzarelle fatte in casa, insieme al pane, da sempre suo pallino culinario. Tra veranda e giardino sono oltre 200 i posti, che si aggiungono a un altro centinaio all’interno, nel quale si viene accolti da una parete tutta “lastricata” di etichette di una cinquantina di aziende vitivinicole locali. Al suo fianco un grande murales firmato da Michele Costa sulla vita quotidiana di una comunità, imperniato su tre figure: un pizzaiolo, un macellaio e un pescivendolo. Pizza, carne e pesce, appunto il fil rouge del locale.

I riferimenti alla storia locale trovano il loro apice in una attigua stanza al salone centrale. Qui troviamo un inno alla storia della pallacanestro biancorossa con coppe e fotografie recuperate a un sicuro viaggio in discarica, omaggio a un luogo che ha ospitato la prima gara della Libertas, oltre alla sede della stessa.

Il futuro prossimo poi parla di una scuola. “Istituiremo nel 2023, una vera e propria Accademia in grado di formare cuochi, camerieri, sommelier – spiega Mini - La scuola, di alto livello, sarà dotata di un convitto affinché gli iscritti nei mesi di permanenza didattica, vivano pienamente l’esperienza formativa, fatta anche di disciplina, partecipazione, condivisione. Quanto alle materie prime, il circuito dei miei ristoranti Ferramenta a Rimini, Santarcangelo, San Marino, ci permette di acquistare i migliori prodotti al miglior prezzo”.

Insomma, alla Chesa de Vein ci si va per sentirsi a casa, facendo attenzione a non pronunciale la parola “Ca”…

Qui il servizio video di Rete 7:


Filippo Fabbri
Calciatore mancato, giornalista per passione. Una stella polare, il motto del grande Gianni Brera: “Prima di scrivere un articolo bevi un bicchier di vino”. Perchè come diceva Baudelaire "bisogna diffidare degli astemi". Contatti: filfabbri@gmail.com
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