Si è sempre detto che la televisione è lo specchio della società. Ma è veramente così? Non è il caso forse di rivedere questo assioma? Le due domande sorgono spontanee a leggere l’ultimo rapporto Fipe (Federazione italiana pubblici esercizi) sui “Nuovi stili alimentari degli italiani”. Un concentrato di numeri che avranno messo all’opera uffici marketing di qualsivoglia specie del settore food, un po’ meno i consumatori sempre più annoiati quando si tratta di cifre (conti bancari a parte). Eppure il Rapporto è utile soprattutto perché ci dice due cose importanti.
Prima di tutto che il tempo dedicato ai fornelli è sempre di meno. La media è di 37 minuti, numero che si abbassa nel minutaggio quando si consuma il cibo (29). In secondo luogo si cucina sempre meno: solo il 32,7% lo fa a pranzo tutti i giorni, cifra che sale al 53% nella cena. Questi ultimi dati, letti in controluce, dicono che 2 italiani su 3 non cucinano a pranzo, e solo la metà lo fa a cena. È un mutamento dovuto ai nuovi stili di vita, come evidenzia un altro dato (prometto che è l’ultimo): negli ultimi vent’anni 3,5 milioni di persone non pranzano più a casa (dal 78% nel 1998 al 72% nel 2018).
A questo punto viene da chiedersi cosa c’entri la televisione in tutto ciò, premessa di questo articolo. E invece c’entra eccome. Perché se si cucina sempre di meno come è possibile che il piccolo schermo (ormai a dimensioni imponenti nelle versioni a led) ci propini frotte di programmi dedicati alla cucina?
Prendiamo un giorno qualsiasi di metà settimana, facciamo un elenco dei programmi in chiaro (l’elenco è sicuramente per difetto): La prova del cuoco (Rai 1), I Menù di Benedetta (La 7d), Cuochi e fiamme (La 7d e Food Network), Cortesie per gli ospiti (Real Time), Junior Bake Off Italia (Real time), Cake star (Real time), Pupi e fornelli (Tv8), Cuochi d’Italia (Tv8), Unti e bisunti (Nove).
Davanti a questo profluvio è evidente una constatazione: il cibo è diventato l’intrattenimento preferito dei nostri tempi. La nostra commodity quotidiana per passare in tranquillità una giornata, un po’ come Happy Days o Dallas a inizio anni ’80. Non importa assorbire ricette per poi metterle in pratica, l’importante è starsene sereni come davanti a un telefilm. Eppure cucinare significa maneggiare prodotti che vengono dalla terra, dunque dal lavoro dell’uomo. Il “prodotto come atto agricolo”, per dirla alla Carlo Petrini, non viene minimamente preso in considerazione.
E così il tanto celebrato storytelling finisce affabulato dall’entertainment, lui sì vero padrone dei nostri tempi.