Maggior valore ai cru, posizionamento più alto di tutte le referenze, anche nell’ottica della valorizzazione del lavoro. Attenzione al biologico e alle metodologie della biodinamica, e barra dritta su immediatezza ed eleganza dei vini. Sono questi i comandamenti della rinnovata via al vino di San Patrignano, cantina simbolo dei colli riminesi, non solo per il vino.
Archiviato il ventennale capitolo Cottarella, che ha accompagnato Sanpa su un percorso di qualità e notorietà nazionale anche nel mondo del vino, si apre ora una nuova stagione per il vigneto San Patrignano. A firmare i vini della comunità c’è, infatti, un tridente inedito con al centro Luca D’Attoma consulente esterno di chiara fama, fiancheggiato da una solidissima equipe ‘residente’ formata dalla coppia Monia Ravagli, enologo per 12 anni alla cantina Drei Donà di Vecchiazzano e, nell’ultima stagione, a ‘studiare’ i bianchi in Altoadige, che condivide la responsabilità dei 100 ettari vitati di Sanpa e dei settantacinque ragazzi che lavorano in vigna e in cantina, con Roberto Dragoni deus ex machina del comparto agronomico, con alle spalle una lunga storia fra i filari di San Patrignano.
Simbolo, anche nel nome, del nuovo corso enologico, il Vie 2020, sauvignon blanc in purezza da meno di un mese in bottiglia e pronto a dare battaglia sugli scaffali delle enoteche e sulle tavole dei ristoranti della riviera. Un vino assaggiato in anteprima insieme all’enologa ‘residente’ sulla terrazza vistamare di Vite, ad accompagnare magistralmente le raffinate proposte ‘mare&monti’ di Davide Pontoniere, chef di scuola napoletana e esperienze internazionali, da pochissimo approdato ai fornelli del ristorante di Sanpa.
Di bocca sapida e fresca che richiama il sorso, Vie 2020, come ha scritto l’amico Giovanni Solaroli, per anni referente romagnolo della guida nazionale Ais Vitae (tanto per continuare con simboli e giochi di parole…), presenta “alcuni tratti tipici del vitigno, ma declinati con finezza, con profumi di pompelmo, eucalipto, salvia, foglie di tè e pietra focaia. Nell’assaggio convince l’equilibrio del vino giocato tra freschezza agrumata, corretto calore alcolico e persistenza sapida ben misurata”. Caratteristiche che lo differenziano dall’annata precedente improntata a “una ‘iper’ espressività al naso e al palato”, segno di un cambio di rotta verso una maggiore immediatezza e eleganza nel calice.
Collina da rossi (il vigneto della comunità è formato per 80 ettari da uve a bacca rossa e ‘solo’ da 20 a bacca bianca) Sanpatrignano attende le novità dei sui cru più prestigiosi dalle prossime annate. Ma nel frattempo affila le armi sui bianchi, consapevole, come sottolineano Monia Ravagli e Roberto Dragoni, che questi sono vini complessi, da non lasciare all’istinto ma al contrario da trattare con approccio scientifico, sia in vigna che in cantina. E con una nuova sfida nell’aria: il lancio di un inedito cru di chardonnay con passaggio in legno, sulla scia della tradizione di Sanpa che guarda agli internazionali nella convinzione, un po’ in controtendenza, che non di soli autoctoni vive la Romagna del vino.