Se parlassimo di calcio catalogheremo il tutto sotto le insegne dell’autogol. Questa volta però Comunardo Niccolai non c’entra e in ballo c’è uno dei cardini del vitivinicolo regionale: i vini da pasto. L’ultima bozza del Decreto Ministeriale ‘Rese’, inviata dal MIPAAF alla Regioni (venerdì 26 febbraio 2021), riduce le rese produttive, dagli attuali 500 quintali per ettaro a 300, con la previsione di una deroga a 400 quintali per i territori particolarmente vocati a questa tipologia di produzione.
Emilia-Romagna penalizzata
Giusto per dare un’idea del peso nel sistema vitivinicolo regionale, la produzione di questi vini impegna circa il 50% delle superfici vitate dell’Emilia-Romagna, con circa 4 milioni di ettolitri su un valore nazionale di circa 15 milioni di ettolitri. Se dovesse passare il nuovo decreto si verificherebbe una perdita per i produttori stimata in 9 milioni di euro ogni anno senza contare le perdite lungo la filiera e senza portare vantaggi su altri fronti.
L’opposizione cooperativa
Il mondo cooperativo compatto si è mobilitato per “richiedere un immediato, rapido e definitivo confronto, auspicando un’ampia autonomia delle Amministrazioni regionali nel definire le aree in deroga per queste riduzioni, che altrimenti rischiano di penalizzare fortemente alcuni territori”. In sostanza, non si può fare di tutto un vigneto un fascio, è necessario tutelare specificità regionali.
Ad alzare la voce sono Carlo Piccinini Presidente di Confcooperative FedAgriPesca Emilia Romagna e Cristian Maretti Presidente Legacoop Agroalimentare Nord Italia, in rappresentanza delle cantine cooperative emiliano-romagnole che insieme producono quasi l’80% del vino regionale.
“Guardando ai vini generici emiliano-romagnoli – affermano in una nota Piccinini e Maretti - dobbiamo orgogliosamente ribadire come nel corso del tempo si sia progressivamente consolidata una filiera che, anche dopo la fine degli aiuti UE per il sostegno al mercato, sia in grado di collocare l’intera produzione in Italia e all’estero, generando una Produzione Lorda Vendibile più che dignitosa per i produttori. Non è un caso se l’Emilia-Romagna non abbia praticamente mai aderito alla misura della distillazione di crisi”.
Questo risultato per le cooperative vitivinicole si traduce in un beneficio economico, soprattutto per i viticoltori di piccole e medie dimensioni largamente maggioritari all’interno delle basi sociali delle cantine cooperative. Beneficio che rischia di essere messo in discussione dal momento che la riduzione indiscriminata delle rese in Italia porterebbe ad una possibile invasione dei vini generici spagnoli, argentini, cileni e sudafricani. Senza dimenticare come già in alcuni Paesi dell’UE (Germania, Francia, Paesi dell’Est) ed extra UE venga utilizzato il saccarosio di barbabietola per aumentare il grado alcolico.
La Regione ER alza la voce
Anche l’Assessore alle Politiche Agricole della Regione, Alessio Manni, è intervenuto contro l’ipotesi del provvedimento. “Penalizzare i vini generici è un errore perché hanno canali commerciali diversi rispetto a quelli Dop e Igp, non creano giacenze e rispondono a una domanda in espansione, anche a seguito della crisi. Imporre una limitazione determina quindi una riduzione dell’offerta interna, favorendo l’ingresso di vini della stessa categoria prodotti in altri Paesi sia comunitari che extra-UE, creando ulteriore danno all’economia nazionale. Senza considerare l’onerosità del controllo, in un settore già soffocato dalle regole”.
Ancora più netto il giudizio sul provvedimento. “La recente versione dello schema di decreto, per individuare le aree vitate che, in deroga, possono produrre fino a 40 tonnellate per ettaro di uva per vini generici- spiega Mammi-, rischia di generare gravissime difficoltà alla filiera viticola dell’Emilia-Romagna. Non abbiamo condiviso fin dall’inizio la scelta parlamentare di introdurre la limitazione produttiva, anacronistica e lesiva per i nostri produttori, per le superfici vitate destinate a vini generici e da tavola, non comprendendo la logica punitiva che non tiene conto del contesto di mercato”.