Dopo quasi un anno una cantina dell’Emilia Romagna ha preso parte a un evento fieristico all’estero. Addirittura in Cina, laddove tutto era partito. È il caso di Terre Cevico che a Shanghai ha partecipato a Prowein. Primo esportatore di vino nel mercato del gigante asiatico, il gruppo cooperativo ha partecipato all’evento non con personale italiano vista la critica situazione degli spostamenti internazionali, bensì con dipendenti che vivono in Cina. Abbiamo chiesto al presidente Marco Nannetti (nella foto), come è andata.
Finalmente la partecipazione a una fiera.
Se vogliamo coniare uno slogan possiamo dire: Cevico non molla. Battute a parte la partecipazione è stata possibile attraverso due nostri dipendenti in Cina. In questa fase è il massimo che si potesse fare. Ma noi volevamo esserci. Mi risulta fossimo gli unici della nostra regione, forse anche d’Italia.
Come è andata?
I feedback sono di speranza uniti a un cauto ottimismo. In Cina ci sono prodromi di ripresa, se va avanti così fra qualche mese ricominceremo a realizzare fatturati importanti.
Perché in Cina il mercato è ripartito?
I segnali di ripartenza in Cina sono legati al contenimento della diffusione interna del virus. Buona parte dei locali sono riaperti e il life style italiano mantiene ancora intatto tutto il suo fascino e può fare la differenza a più livelli, dalla moda all’agrifood, vino incluso. L’unico limite sta nella limitatezza degli spostamenti, sia per chi produce sia per chi acquista. Non poter viaggiare rende le cose complicate per tutti.
Più in generale, l’estero come va per Cevico?
C’è un andamento variabile a seconda dell’allocazione geografica. Per dire, gli Usa crescono bene, il Giappone invece ha perso abbastanza. Per il nostro gruppo la diversificazione dei prodotti, dei mercati e dei canali di vendita ci permette di registrare una sostanziale tenuta nei fatturati export”.
In Italia siamo alle prese con un secondo lockdown per il canale horeca?
Temo che per il canale Horeca questo lockdown sarà peggiore del primo per tanti in quanto si torna a chiudere con le ferite pregresse non ancora guarite. Il contraltare, per quanto ci riguarda, è che essendo presenti capillarmente nella Gdo con marchi importanti possiamo prevedere una crescita delle vendite che in parte potrà compensare la perdita dell’horeca.
Come ricorderemo il 2020?
Come una spinta al cambiamento. Deve essere l’anno delle consapevolezze. Della consapevolezza che se non hai un sistema sanitario pubblico forte e solido sei un paese con le gambe d’argilla. Della consapevolezza che se non hai una filiera agroalimentare efficiente da mettere in campo nelle crisi non puoi garantirti una tenuta sociale. Della consapevolezza che se non hai una economia davvero sostenibile rischi di scomparire alla prima mareggiata. Una cosa poi deve essere chiara a tutti: la centralità della terra. Il grande lavoro dei contadini è nell’interesse di tutti.
E per la cooperazione?
Anche qui si affacciano nuove sfide. Prima tra tutte la salvaguardia dei principi cooperativi a confronto, però, con un mercato che non fa più sconti a nessuno e non aspetta chi resta indietro. La cooperazione in questo periodo ha dato prova di grande resilienza, pensiamo alla tenuta sociale, ai posti di lavoro confermati anche se, tuttavia, ci troviamo alle prese con un mercato sempre più complesso.