L’Emilia Romagna è terza per export agroindustriale in Italia, dietro solo a Veneto e Lombardia. Posizione che sale al primo posto quando si parla di carni e salumi (copre il 37% del settore) e della pasta (21,3%). Non solo: l’Emilia-Romagna esprime l’8% dell’imprenditoria “agrifood” italiana (117.400 posti di lavoro), e manda all’estero 974 milioni di euro di prodotti agricoli, più 5.295 milioni di food&beverage, cioè una quota pari ad oltre il 15% dell’intero export agroalimentare del Paese nel 2017. A dirlo è Focus Nomisma presentato nel convegno ‘Food Valley’, promosso da Confagricoltura a Fico Eataly World di Bologna.
Secondo i dati sono quasi 60mila aziende agricole della nostra regione, oltre 4.800 quelle alimentari, 117mila posti di lavoro, per un volume di export di 974 milioni di euro.
L'agri-business continua a crescere: +4% nei primi sei mesi del 2018 rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Si consolida la presenza dei prodotti emiliano-romagnoli sui mercati più vicini, in particolare in Germania (275 milioni, +15,7%) e Francia (87 milioni, +13%). Il balzo maggiore spetta agli Usa, dove si registra un +49%.
Va forte il ‘food&beverage’, con quasi 910 milioni di prodotti venduti in Germania e altri 790 milioni in Francia, anche se a fare scalpore è il +22% in Cina.
“La crescita futura dell’export agroalimentare regionale e nazionale è legata a diversi fattori, tra cui l’aumento delle imprese che esportano (spesso prerogativa di quelle più grandi) e la conquista di nuovi mercati − ha spiegato Denis Pantini, direttore Nomisma Agroalimentare −. Nella scelta di questi ultimi, alla luce del posizionamento di prezzo dei nostri prodotti, occorre valutare prioritariamente la crescita dei redditi più che l’aumento della popolazione nonché la compatibilità delle nostre produzioni alla tradizione alimentare locale: il made in Italy, alla luce dei costi necessari per produrlo, non potrà mai essere cibo per il mass market".