Diciamo la verità: se c’è un settore che spesso ha sentito il complesso di inferiorità è quello dell’ortofrutta. Lo ha patito davanti al colosso del vino. Probabile l’invidia per quei numeri che quasi lo doppiano in fatto di export. Una stizza che rincara quando si parla di “sistema”, col vino che sa fare blocco comune, mentre l’ortofrutta si dividerebbe ancora se ci fosse il dilemma Gesù e Barabba.
Poi c’è la questione fiera. Tutto il mondo del vino si riconosce con orgoglio in Vinitaly. L’ortofrutta è più litigherella, Macfrut per quanto cresciuto non raccoglie ancora il consenso di tutti, alcuni addirittura preferiscono andare a Berlino anziché avere una vetrina tutta italiana (gli spagnoli al solo sentire questi discorsi sarebbero presi da orticaria).
Questa volta però le cose sono andate in maniera diversa. L’ortofrutta ha avuto uno scatto di orgoglio e ha sopravanzato il vino. Lo ha fatto sul tema tanto caro ai tempi andanti: il digitale. Davanti allo stillicidio di fiere cancellate, in quattro mesi si è inventata una fiera tutta on line con tanto di stand virtuali, incontri B2B con buyer (600), video promozionali di neanche un minuto. Una rivoluzione in piena regola che ha trasferito Macfrut su una piattaforma digitale (Macfrut Digital, 8-10 settembre 2020).
Dire che questo sarà il futuro delle fiere è decisamente prematuro. Affermare che l’evento on line potrà andare a braccetto con uno digitale potrà essere l’avvenire. Indubbi sono i vantaggi, a partire da quelli economici come capirebbe anche un non laureato alla Bocconi.
Quello che stupisce è come nessuno nel mondo del vino abbia pensato a un progetto simile. Come l’idea sia arrivata da una piccola città come Cesena (Fiera), lontana dai riflettori dei grandi centri economico-fieristici. È presto per tirare le conclusioni. Quello che è certo è la lezione che un settore (in genere) bistrattato dà a un altro col doppio dei numeri.
Con tanti saluti al dilemma Barabba-Gesù.