Paolo De Castro è uno dei massimi conoscitori delle politiche agricole europee. Coordinatore S&D (Socialisti e Democratici) alla commissione Agricoltura e membro effettivo delle commissioni Budget e Commercio internazionale del Parlamento europeo.
Onorevole De Castro, i contraccolpi del lockdown sul vitivinicolo?
Credo che i reali effetti economici della pandemia da Covid-19 non siano ancora ben quantificabili. Ma come per tutti gli altri settori dell’agroalimentare il Parlamento europeo, con la commissione Agricoltura in prima linea per l’Italia, si è subito attivato per garantire un’immediata iniezione di liquidità ai produttori. I dati del primo quadrimestre sulle nostre esportazioni di vino, a causa del blocco della circolazione delle merci, sono ovviamente di segno meno. A partire dalle spedizioni verso i principali Paesi di destinazione, come Germania e Regno Unito, dove abbiamo registrato cali rispettivamente dell’8,9% e del 13,3 per cento.
Come hanno reagito le cantine?
Le cantine vitivinicole, che rappresentano una quota importante del settore made in Italy, hanno contenuto i danni grazie alla diversificazione produttiva e all’assortimento dell'offerta, in particolare nel canale della Grande distribuzione organizzata dove le vendite, a fronte di un crollo nell’Horeca, sono aumentate. In base agli ultimi dati disponibili, l’Italia ha comunque dimostrato una maggiore capacità di tenuta rispetto alla Francia, primo competitor europeo. Tanto che le nostre quote di mercato in Germania sono cresciute dal 36,8 al 39,9 per cento.
Come saranno i prossimi mesi?
Molto impegnativi. Ma gli operatori sanno di avere al loro fianco le istituzioni. In Italia nei giorni scorsi il Governo ha presentato un Patto per l’export che prevede uno stanziamento straordinario di oltre 1,3 miliardi per il rilancio del made in Italy post emergenza e il rafforzamento dei Consorzi di tutela dei vini Doc-Docg, sostenuti da Federdoc. Mentre sul fronte comunitario e internazionale si è riproposto il rischio di nuovi dazi sulle esportazioni di prodotti verso gli Usa, dove l’Italia destina vini per oltre 1,5 miliardi l’anno. Una rappresaglia annunciata dal presidente Trump dopo la decisione Ue di chiudere le frontiere dal 1 luglio ai cittadini americani. La nuova black list di prodotti agroalimentari, purtroppo, dopo formaggi e salumi, già colpiti, si estende anche a vino, olio e pasta made in Italy.
Cosa può fare l'Europa per il settore?
A marzo, appena è scattato il lockdown, come ComAgri abbiamo sollecitato il commissario all’Agricoltura Ue, Janusz Wojciechowski, a consentire la spesa di oltre 6 miliardi di euro di cui l’Unione dispone come risorse non ancora impegnate dello Sviluppo rurale 2014-2020. E dopo mesi di trattative inter-istituzionali, finalmente la Commissione europea ha pubblicato le nuove misure eccezionali da destinare a favore del vino. Nel dettaglio le disposizioni consentiranno il pagamento di anticipi pari al 100% delle spese sostenute per i produttori che hanno deciso di effettuare distillazione e stoccaggio privato a seguito della pandemia. Questi aiuti non dovranno rispettare le norme sugli aiuti di Stato. In più viene aumentato il cofinanziamento dell'Unione per le misure di promozione sui mercati terzi, di investimento, di ristrutturazione e riconversione dei vigneti, della vendemmia verde e delle assicurazioni sul raccolto. Si tratta di una vittoria del gioco di squadra: la nostra fermezza ha permesso al Parlamento europeo di fare proprie le richieste che i produttori italiani hanno avanzato a gran voce nei mesi scorsi, e costretto la Commissione ad agire per sostenere i settori produttivi più impattati dalle conseguenze della crisi.