Siamo saliti sui Colli Bolognesi, punto privilegiato per ammirare dall’alto la Grassa Bologna con tutta la pianura al seguito. Qui c’è un’azienda agricola che porta il nome di un pittore del Novecento, Paolo Manaresi, nonno di Donatella Agostoni, che conduce la tenuta insieme al marito Fabio Bottonelli. Il nome della cantina Manaresi si incrocia con due numeri: undici, come gli ettari vitati, tredici per gli anni di vita. Manaresi è una cantina a conduzione familiare che vive di canale horeca, export e visite in azienda. Un trittico messo in letargo per oltre due mesi a causa del Covid19. Con Fabio Bottonelli, nostra “seconda” VocidelVinoER#, facciamo il punto della situazione.
Fabio come è cambiato il mondo del vino a seguito del Covid19?
È cambiato completamente, anche se spero si tratti di un fenomeno temporaneo, così come è cambiata la nostra società. Sarebbe troppo lungo approfondire. Vorrei solo citare un episodio fra i tanti.
Prego.
Le aziende agricole sono sempre state aperte e funzionanti. Noi e i lavoratori potevamo spostarci per venire a lavorare, o andare a prendere prodotti o pezzi di ricambio… Tecnicamente poi la vendita diretta è sempre stata aperta e possibile, e le nostre associazioni agricole avevano doverosamente informato al riguardo le prefetture (che anzi avevano auspicato che le persone andassero nelle aziende agricole per disperdere le code nei supermercati). Eppure le forze dell’ordine rispondevano ai cittadini che lo chiedevano che non era possibile andare nelle cantine perché il vino non è prodotto essenziale. Se erano aperte le enoteche, perché allora non le cantine? Trovo questa cosa solo la punta dell’iceberg, un fatto emblematico, gravissimo, che ha perfino minato le fondamenta della democrazia oltre che la logica.
Quali ripercussioni ha avuto la sua azienda?
Drammatiche, ma pensiamo positivo. Di fatto in marzo e aprile abbiamo fatturato il 10% sul normale. Ma le spese sono state le stesse se non di più. Per dire, noi abbiamo impiantato un 1,5 ettari di vigneto nuovo, e imbottigliato ugualmente metà della produzione, e comprato un nuovo trattore. E avevamo appena acquisito un immobile storico adiacente al nostro terreno… Poi avevamo circa 50 visitatori a settimana da tutto il mondo, ora sono azzerati. Come detto, i clienti privati abituali avevano paura a venire. Abbiamo fatto consegne a domicilio, sì, ma è stato un po’ di ossigeno nell’emergenza, nulla più. Abbiamo poi avuto ugualmente buona richiesta di sfusi, pur non essendo una cantina tradizionalmente orientata su questo mercato.
La vendita on line è il futuro?
Sicuramente ha avuto un netto impulso in pochi mesi. Ma alla gente piace sempre andare in cantina o in enoteca. Non credo che sarà il futuro, ma sicuramente avrà un’importanza crescente. Noi peraltro siamo in un territorio non troppo conosciuto fuori dalla regione, quindi abbiamo poche vendite ‘fuori’. In compenso siamo a 10 minuti da una grande città, e quindi beneficiamo di un bacino importante che però non ha particolare bisogno di acquistare on line
Rilancio del canale Horeca: quanto è importante?
Fondamentale. Almeno per noi che lavoriamo al 40% con l’horeca, 30%, export, 30% vendita diretta.
Terminiamo con un messaggio positivo. Un vino su cui scommettere per ripartire?
I nostri grandi rossi, corposi ed eleganti, longevi, come il Bologna Rosso Controluce, non tradiscono mai. Fortunatamente non ci siamo mai lasciati convincere dalle mode delle bollicine e dei bianchi o degli autoctoni (che pure facciamo e sono importanti), abbiamo sempre creduto nel Cabernet Sauvignon, praticamente tradizionale nei Colli Bolognesi.