Se c’è una persona in Romagna che ha conosciuto tutti, ma proprio tutti, i cuochi italiani, dallo stellato alla trattoria sperduta, lei è Elsa Mazzolini. Fondare oggi una rivista di “carta” sarebbe da pazzi (il web impera), farlo 35 anni fa prima di tutti era da temerari innovatori. La Madia Travefood è nata così da una sua intuizione e oggi si gode il titolo di prima rivista della ristorazione in Italia. Oltre a ricette, libri e vini, impossibile con lei non parlare anche di attualità, tra locali chiusi e home delivery che impazzano in questi giorni di #iorestoacasa.
Come trascorre questi giorni?
Lavorando alacremente su nuovi progetti. Ho la fortuna di avere la redazione del mio giornale sotto casa, pertanto ogni mattina in orario d’ufficio mi siedo alla scrivania e do avvio alla mia giornata occupandomi soprattutto di una innovativa piattaforma web per la comunicazione enogastronomica: non solo ricette, ma anche informazioni giornalistiche sul nostro vasto patrimonio agroalimentare.
E la carta stampata?
Ovviamente non la dimentico. Avendo fondato, più di 35 anni fa, La Madia Travelfood, ossia la prima rivista in Italia per la ristorazione, non potrei mai abbandonare il mio primo amore per inseguire le lusinghe del web: la velocità dell’informazione via internet non può ancora sostituire, almeno per me, la credibilità di un giornale, dove le notizie hanno, o dovrebbero avere, il controllo professionale di chi le divulga. Ovvio che tutto può essere orientato o manipolato secondo interessi economici, ideologici o politici delle testate, ma le fake news sul mezzo cartaceo sono più rare perché più facilmente tracciabili.
Ristoranti ed enoteche chiusi: come vede la situazione?
Drammatica e propulsiva insieme. Drammatica perché, dopo un’inattività così prolungata, molti esercizi gravati da infiniti oneri non sospesi a fronte di mancati incassi, saranno costretti alla chiusura. Soffriranno i giovani cuochi che hanno aperto di recente un ristorante contando sul proprio lavoro per pagare investimenti spesso rilevanti; ne pagherà le conseguenze l’alta ristorazione che, nel breve e medio termine, non potrà contare sui clienti esteri e su una fascia di appassionati anche non abbienti ma saltuariamente disposti a concedersi un lusso culinario; ne risentiranno i ristoranti di fascia media che dovranno sfoltire e distanziare i posti a tavola e patiranno la contrazione della clientela e gli effetti di una minore propensione alla spesa; soffriranno le enoteche con prezzi elevati che non hanno delivery ed e-commerce; dovrà ridimensionarsi la banchettistica dei grandi numeri; chiuderanno, per fortuna, i troppi locali senza identità e senza professionalità, soprattutto destinati al turismo e all’utenza mordi e fuggi. Non subiranno invece grossi contraccolpi le grandi catene internazionali, forti di solide basi economiche e di investimenti milionari.
Cosa ci aspetta?
Per tutti coloro che cercheranno di restare a galla, tuttavia, si sta prospettando una difficile fase di riflessione profonda che porterà necessariamente a rivedere i propri modelli di offerta, da orientare forse su una cucina meno pomposa e autoreferenziale, a vantaggio di un approccio più empatico col cliente. In ogni caso sarà fondamentale un accesso al credito immediato (e i 400 miliardi da restituire senza interessi, stanziati dal governo, sono comunque una possibile risposta) e uno snellimento sostanziale della burocrazia, in Italia soffocante per ogni tipo di attività.
Come giudica questo ritorno (forzato) degli italiani alla cucina di casa?
Forzato, ma utile. In fondo le famiglie sono tornate a fare ciò che un tempo era nella normalità, ossia cucinare per i propri cari. Si sono riscoperte le ricette della nonna, si è dato spazio alla propria creatività, si è fatto di necessità virtù cucinando, con minori sprechi, tutto ciò che riempie le dispense di casa. Non credo tuttavia che questo fondamentale collante familiare resterà tra le buone abitudini consolidate: basterà un ritorno al lavoro di entrambi i capifamiglia e si rivedranno gli sbrigativi sofficini, i tramezzini e il fast food di comodo.
Lei cucina?
Sempre. Lo faccio sbrigativamente per me, lo faccio con cura per le mie figlie, i loro compagni, i nostri ospiti. Lo faccio anche per i miei collaboratori quando lavoriamo a orario continuato, e anche per i miei clienti o colleghi che arrivano in ufficio in pausa pranzo: avere casa e bottega vicini non è sempre un vantaggio...
Un paio di ricette in questi giorni di #iorestoacasa?
Anche in me sono radicate le ricette imparate direttamente da mia nonna Teresa e da mamma Rosa: i cappelletti in brodo di carne e cappone, nella cui farcitura di tre formaggi e tre carni cotte al burro, unisco il candito di cedro tritato finemente. Si tratta di un’antica ricetta originaria della campagna riminese e santarcangiolese, che anni fa ho portato con grande successo sulle più raffinate tavole di Los Angeles insieme allo chef romagnolo Gino Angelini. La ricetta ha persino ricevuto un onorevole riconoscimento nel corso di una disfida tra tortellini e cappelletti: il confronto le ha valso la vittoria.
Seconda ricetta.
Un altro mio piatto del cuore: le lasagne, che realizzo in 7 strati con ragù di manzo, salsiccia e pomodoro con un tocco di paprika dolce e tanta besciamella profumata di noce moscata.
Quali vini abbiniamo?
Preferibilmente rossi importanti, o bianchi molto strutturati. Talvolta cedo comunque al vizio per me consueto delle bollicine, soprattutto Trento Doc, con digressioni in tutte le regioni che ormai spumantizzano egregiamente vitigni territoriali.
Il consiglio di un libro?
Due, al femminile: “L’isola di Arturo” di Elsa Morante e “Gli Anni” di Annie Ernaux.
Il consiglio di un libro wine&food?
Libro wine, “Elogio dell’invecchiamento” di Andrea Scanzi perché mi piace che a descrivere il vino non siano necessariamente professionisti del settore, ma piuttosto coloro che lo sanno raccontare con una penna divertente e poco pedante. Libro food, un'opera cult: “Il profumo" di Patrick Sùskind, affascinante e sconvolgente romanzo imperniato sul senso dell’olfatto. Vi si narra la ricerca ossessiva del profumo perfetto da parte di Jean- Baptiste Grenouille, un assassino di 26 giovani donne dalle quali trarre, mediante la tecnica dell’enfleurage usata dai famosi profumieri francesi, l’essenza assoluta, quella in grado di dominare il mondo.
Un programma tv?
Indubbiamente “Indovina chi viene a cena” su Rai3 per la capacità di analizzare problematiche, stili, cambiamenti del settore enogastronomico, denunciandone con competenza tutte le criticità ed evidenziandone il valore.