A pochi giorni da Vini ad Arte, l’anteprima dedicata al Sangiovese romagnolo, torna di attualità il tema del confronto. Senza addentrarsi nello sterile esercizio di comparare Romagna e Toscana sul Sangiovese, paragone che nemmeno i pensionati della bocciofila si azzardano più a proporre, rimane sempre valida la disquisizione sul tema della vocazione. Non la vocazione dello spirito, ma quella che contraddistingue un territorio e la sua attitudine a produrre uno specifico prodotto, in questo caso un’uva. Che il nostro viticoltore neo-stendhaliano (“La vocazione significa avere per mestiere la propria passione”) trasformerà in un vino assecondandone la natura. Se si dispone di terreni alti e poveri, sarà inutile cercare di ottenere un vino dalla muscolatura di Steve Reeves, se non ricorrendo a forzature in cantina che finirebbero comunque per snaturarlo. Così come, au contraire, da un vigneto nelle plaghe romagnole sarà difficile ricavarne un vino sottile ed elegante come Twiggy. Se non ricorrendo, etc, etc.
Un segreto di Pulcinella, come si può facilmente intuire, eppure mi chiedo come mai sembra così difficile da mettere in pratica? Qui mi fermo e, come disse un amico di fronte ad una Salade Nicoise, “vado al sodo” che in questo caso sono i vini della Tenuta Santini. Vini che non assaggiavo da qualche anno perciò, quando mi è stata affidato il compito di redigere il profilo della tenuta Santini per Vitae 2020, sono stato più che felice.
Sandro Santini mi ha fatto da tutor, raccontandomi un po’ della sua storia di famiglia e un po’ del territorio corianese, assai diverso da quello di Covignano, di Verucchio, di Torriana, della Valconca e di San Giovanni in Marignano, ai confini con le Marche. Introducendo così, nel reciproco scambio di battute, un elemento arduo, sostanziale, basilare direi, quello della comprensione e valorizzazione dei singoli territori del riminese, e che oggi pare essere tornato sul tavolo della discussione e del confronto tra i viticoltori riminesi.
Dagli anni 60, da quando l’azienda fu fondata, i due fratelli Primo e Giuseppe Santini si sono sempre preoccupati di preservare la coltivazione della vite, rinunciando al richiamo rappresentato da una riviera in pieno boom turistico. L’azienda, alla cui guida oggi troviamo gli eredi dei fondatori, Giuseppe, Enrico e Sandro, si trova a pochi passi da Coriano, paese di origini antichissime, probabilmente fondato dai Malatesta, dell'entroterra riminese vicinissimo alla costa romagnola. L’abate Giovanni Battarra, vissuto nel XVIII secolo, profondo conoscitore del mondo rurale riminese, autore de La Pratica Agraria, era un corianese. Aveva individuato nelle dolci colline attorno a Coriano, un luogo vocato per la vite e l’olivo. Il paesaggio odierno lo conferma, e Sandro Santini ne è l’interprete più appassionato e sanguigno.
Con la loro Tenuta, che accorpa attorno al casolare una ventina di ettari, Sandro e famiglia offrono ai turisti una vista bucolica sull’entroterra riminese. I vini di Santini lo rappresentano bene, i rossi sono corposi, fruttati ma dal carattere dolce, come il Sangiovese Riserva Cornelianum, antico nome di Coriano. In tempi in cui un “riserva” di sangiovese è visto come una cartella di Equitalia, il Cornelianum è quello che dice di essere un riserva che onora la tipologia cui appartiene e la vigna che lo ha generato. Questa versione 2016 spande i suoi profumi di more e confetture, adagiandoli su un tappeto di spezie. È un vino confortevole e morbido, sebbene non privo di freschezza e sapidità, con tannini ben maturi e una naturale predisposizione ad accompagnare piatti sostanziosi. Come è nella sua dichiarata natura.
Romagna Sangiovese Superiore “Cornelianum” Riserva 2016 (all’incirca euro 16,00)
Tenuta Santini, Via Campo, 33 - Passano di Coriano (RN)
http://www.tenutasantini.com/