D’ora in poi possiamo chiamarlo il James Bond del vino. Solo che lui sta dalla parte della Spectre, per capirci quella dei cattivi. Chi lo conosce nella realtà però sa bene che tra una pistola e un calice, la preferenza va chiaramente per il secondo. Il cinema d’altronde è bello per questo, ti fa indossare panni che non avresti mai pensato. Il forlivese Alessandro Rossi, nella vita wine manager e degustatore del vino, fino a pochi mesi fa il cinema l’aveva intrigato solo da spettatore. Non certo da attore, come invece avverrà il prossimo anno. La sua sarà una presenza “rumorosa”. Prima di tutto perché il protagonista del film sarà Charlie Arturaola, sommelier con 40 anni di esperienza, migliore comunicatore del vino a Vinitaly e a Londra. Poi perché la produzione della pellicola è internazionale e lui sarà l’unico italiano sul set. Il film è The Wine Spies, una spy story sul vino, per la regia dell’argentino Lino Puja, girato tra Italia, Stati Uniti, Russia, Francia e Cina. Al Festival di Venezia è stato presentato il trailer, al quale Rossi ha preso parte.
Rossi, da wine manager ai primi ciak: come è stato possibile?
“Attraverso Charlie Arturaola. Un giorno mi telefona e mi chiede se voglio prendere parte a un suo film sul mondo del vino”.
Lei risponde?
“All’inizio pensavo che scherzasse. Alle sue insistenze capisco che fa sul serio e ovviamente dico di sì. Dovrò fare la parte del cattivo, anche se The Wine spies è una commedia divertente, sdrammatizza un mondo del vino che spesso si prende troppo sul serio. Per lui si tratta del terzo film sul tema, in precedenza ha interpretato El camino del vino e Duel of wine”.
Come ha conosciuto Arturaola, una istituzione mondiale nel mondo del vino?
Attraverso Deep Red stories, un programma audio sul mondo del vino che ho ideato quattro anni fa (deepredstories.com). Arturaola ascolta la puntata su Andre Tchelistcheff, uno dei più grandi enologi della storia (se non il più grande), rimane affascinato e mi chiede di incontrarci. Ci vediamo a Firenze, e chiaramente mi studia. L’incontro finisce lì”.
Poi succede…
Un giorno mi invita all’American Fine Wine Competition a Miami, sono l’unico italiano, assaggiato tutti i più importanti vini americani. In 10 giorni avrò degustato qualcosa come 3000 vini. Da qui in poi inizia una amicizia che perdura ad oggi.
Il vino raccontato come in una rado: come è nato Deep Red stories?
Ascoltando una puntata di Carlo Lucarelli su Radio Deejay. Mi son detto: perché non fare la stessa cosa sul vino? Non racconto aziende ma romanzo personaggi e territori. Oggi siamo bombardati dalla lettura filtrata da uno schermo, sono certo che l’ascolto avrà un suo spazio. Nel resto del mondo già ce l’ha, in Italia siamo un po’ indietro.
La cadenza del programma?
Bimestrale. I testi sono i miei, montaggio e musiche di Marco Battistini di Mediataste, tecnico di fama internazionale. Il programma dal vino ha allargato i confini alla gastronomia, la prossima puntata infatti sarà sul Trigabolo di Argenta. Le puntate oltre che sul sito sono tutte su youtube.
Torniamo al vino: come siamo messi in Romagna?
In pieno fermento. C’è un grande lavoro di valorizzazione dei vini bianchi autoctoni anche fuori dai confini regionali, così come un lavoro di zonizzazione e diversificazione del sangiovese nelle varie aree di produzione, ognuna delle quali ha un suo stile di riconoscibilità. I vini non seguono uno stile tecnico (bianco e rosso), ma sono improntati dalla parte geologica dove crescono, a cui segue una attenta parte agronomica. Un vino, tradizionale o moderno che sia, non si fa in cantina ma in vigna: ogni area ha un suo stile e valorizzarlo”.
Il futuro quindi come sarà?
L’Emilia Romagna sarà una delle regioni sorpresa nei prossimi 15 anni. Sono pronto a scommetterci.
Pubblicato sul Corriere Romagna il 14 novembre 2019