La strada è ben sistemata e si inerpica lungo pendii che divengono croce e delizia per gli amanti delle due ruote. Il cartello di ingresso recita Sogliano al Rubicone, sonnolenta cittadina costruita come un campo da golf, con la differenza che le buche del green si trovano dentro le case, e alle spalle hanno centinaia di anni. Chi si affaccia alle nicchie non trova palline ma involucri dall’odore forte, stagionato da una lunga storia alle spalle. È il Formaggio di fossa un rito che puntualmente si ripete nei decenni, un tempo relegato nella canonica data del 25 novembre giorno di Santa Caterina.
Oggi viene anticipato di alcune settimane, come avvenuto nei giorni scorsi nella Fossa Tera che ha dato il via alla stagione 2019 del celebre formaggio che rende celebre Sogliano in tutto il mondo. Di proprietà della famiglia Baldazzi (Davide e Zoe), la fossa ha ospitato 30 quintali di formaggio del Caseificio Pascoli, nelle versioni misto, pecorino e vaccino. L’apertura è avvenuta a 100 giorni esatti dall’infossatura secondo il disciplinare della Dop.
“Nessuna muffa e qualità ottima– spiega a caldo Annalisa Raduano del Caseificio Pascoli – Il fossa ci caratterizza come territorio, valorizza tradizioni secolari e sposa il turismo alla gastronomia tipica della Romagna. Non solo: è un prodotto che ben si presta all’export”. Concorda il primo cittadino Quintino Sabatini presente all’evento: “Il profumo del fossa si spande in tutta la nostra cittadina. La giornata è un momento importante per l’economia locale e per l’indotto, che troverà il suo apice nella tradizionale fiera che prenderà il via domenica 17 novembre prossimo”.
Malgrado la produzione sia in crescita, sono lontani i numeri dei tempi d’oro che avevano portato il business a un eccesso di 6 milioni di euro. Attualmente le fosse sono oltre la trentina, i quintali prodotti si aggirano a circa 3500, il fatturato è di 3 milioni.
Al rito anche Alberto Zambianchi che si è soffermato sull’importanza del prodotto nel tessuto economico: “Queste sono giornate speciali per tre ragioni: riconciliano con le passioni del territorio, sono una produzione artigianale importante, mostrano la capacità di un prodotto in Italia e all’estero”.
E sul legame col territorio si soffermato anche Anacleto Malara, direttore di Coldiretti Forlì, Cesena e Rimini: “Il fossa è il punto terminale di una filiera che coinvolge i nostri produttori locali. È una delle Dop più importanti della Romagna: valorizzarla è fondamentale per l’economia del nostro territorio”.
A sfossare il formaggio è stato l’ex sindaco Enzo Baldazzi, titolare della fossa Tera dal 1984. “In precedenza era una casa di macellai, l’abbiamo ristrutturata, dall’inizio degli anni 90’ è stata gestita dalla Proloco. Noi la gestiamo direttamente dal 2001”.
Parole di entusiasmo dall’enogastronomo Alessandro Mondello. “Il fossa è un formaggio che andrebbe consumato in ogni tavola della Romagna. Questo formaggio è una delle eccellenze di questo territorio, un patrimonio che va tutelato e valorizzato nella sua storia e nelle varie tipologie. Personalmente ho anche un ricordo affettivo: ero bambino, a scuola un mio compagno di classe mi fece sentire il sapore intenso di questo formaggio che non conoscevo. Ne rimasi stregato e da allora ho un legame speciale legato a quel periodo”. Il migliore abbinamento? “Degustarlo puro, insieme a un calice di vino strutturato, soprattutto in buona compagnia. Si presta a qualsiasi preparazione culinaria: a scaglie può essere messo su una insalata di zucchine dove emerge il sapore di contrasto, oppure su prodotti più strutturati insieme a carni e verdure. Riguardo il vino, consiglio un bianco del nostro territorio, dalla Rebola riminese, all’Albana sino al trebbiano”. Ma la cosa più importante è un’altra: “il fossa è un’emozione, di cui nutrirsi e condividere. Tutto il resto viene dopo”.