Bertinoro è conosciuta per essere la città dell’ospitalità. Un Rito che si tramanda da secoli e al quale ha preso parte un nostro giornalista, Filippo Fabbri, ospitato a pranzo da una famiglia di Bertinoro (la famiglia Amaducci). Di seguito il raccolto di quell’esperienza.
Ne era rimasta solo una, di busta. Attaccata a quella Colonna con un secolo di vita alle spalle e migliaia di famiglie racchiuse in altrettante buste. All’apertura il nome scandito era il mio, insieme a quello di altri due colleghi giornalisti (Marco Di Giovanni e Letizia Magnani). In sorte abbiamo la famiglia Amaducci di Bertinoro, dunque non un locale o un’associazione.
Il primo pensiero è un must: “e adesso cosa dirò a loro?”. Un po’ come gli adolescenti quando si trovano “protagonisti” inaspettati a un evento pubblico. L’imbarazzo del sottoscritto è palpabile. A romperlo per fortuna è un giovane, Federico, ci viene incontro sotto la Colonna e ci guida a casa sua. Studia Giurisprudenza a Milano, le sue passioni sono il vino e il giornalismo. In piazza ci sono anche gli altri componenti della famiglia, la mamma Silvia Stromboli e il babbo Fabiano Amaducci. La casa è vicina dal centro, la giusta distanza per rompere il ghiaccio di un comprensibile imbarazzo iniziale tra persone che non si conoscono. L’atmosfera è subito quella giusta, si parla di Bertinoro, di vino, lavoro e soprattutto di ospitalità. Perché la cosa “sconvolgente” di questa esperienza è proprio questa: andare a casa di persone che non si conoscono, mangiare insieme a loro e condividere insieme un pezzo di giornata.
In un periodo di diffidenze diffuse e di cattiveria via social, se non è una rivoluzione questa, poco ci manca. A Bertinoro va in scena da 93 anni, e si riallaccia a una tradizione che affonda le radici oltre dieci secoli fa. E si ripropone ancora oggi, come avvenuto al sottoscritto domenica scorsa. Arrivati in casa Amaducci veniamo accolti dalla signora Giuliana, cuoca impeccabile come si conviene alla migliore tradizione della Romagna, insieme a lei anche i cugini di famiglia Stefania e Massimo. In casa anche il più piccolo di giornata, Francesco. Il vino del pranzo è rigorosamente “made in Bertinoro”, scelto dal giovane Federico, il pranzo è di quelli che fanno sognare un qualsiasi amante della cucina. Addirittura due primi (strozzapreti e Passatelli, accolti con grande meraviglia dal collega Di Giovanni, lui bergamasco), lo stesso per i secondi. Chiusura in grande stile con mascarpone, accompagnato da un frizzante sempre di Bertinoro.
Ma al di là delle pietanze è il clima che si instaura a lasciare il gusto migliore, tanto che ci salutiamo verso le 16.30, solo perché Marco se ne deve tornare in auto in Lombardia in una giornata da bollino più che rosso. Appena usciti di casa io e lui ci guardiamo negli occhi e quasi all’unisono ci diciamo che è stata “un’esperienza pazzesca”. Siamo entrati in casa da estranei, ne siamo usciti da conoscenti. In fondo bastano pochi e semplici gesti come questi per lasciare il segno su di noi.