Enrico Croatti, da San Leone a Moebius

Le stelle, quelle prestigiose della Michelin, le ha conquistate in giro per l’Italia (Campiglio) e per il mondo (Spagna). Da un personaggio così ci si aspetterebbe un’altezzosità cosmopolita fatta di ingredienti molto global e poco delle origini. Ebbene, Enrico Croatti, è l’antitesi a tutto ciò, è l’emblema di un anti-fighettismo che al contrario ha occupato bancali d’orgoglio nei cuochi, dagli stellati alle trattorie senza alcuna eccezione. “Il mio è un Dna romagnolo, rispettato al cento per cento, del quale vado fiero”.

Una origine che ha ripercorso alcune settimane fa a San Leo nella Locanda San Leone, quella dei suoi primi passi, quando la barba era poca, l’esperienza in cucina ancora meno. “Ricordo bene quando arrivai in questa Locanda, vent’anni fa – spiega Enrico - Avevo 17 anni e all’improvviso mi trovai a gestire una cucina. C’era un matrimonio con 250 persone, non lo avevo mai fatto. È stata la settimana più lunga della mia vita. Lì ho appreso il senso della responsabilità”.

Il ritorno a 20 anni di distanza è stato sold out.
Poter rappresentare cosa è successo in 20 anni ha avuto qualcosa di magico. Vedere tutti questi ospiti e amici che mi sono stati così vicini, per un pranzo, ha completato l’opera. È stato un condividere qualcosa di intimo, perché questo luogo per me ha qualcosa di intimo, e condividerlo con gli amici.

La cucina a Rimini in vent’anni come è cambiata?
Rimini si è evoluta sotto l’aspetto gastronomico, alcuni hanno avuto la stella, altri stanno cercando di fare un lavoro di qualità. Quel che è più importante è l’anima, che è rimasta tale e quale: il valore gastronomico della sua tradizione non si deve evolvere. Il giorno che lo farà, se non ha le basi ben consolidate, rischia di fare una cosa che non ha nessun senso logico. La Romagna ha dei punti fermi sui quali bisogna lavorare, senza però distruggere la tradizione. Deve cercare di fare alta gastronomia ma con una traiettoria diversa”.

È vero che le sue sperimentazioni avvengono in un bunker in Romagna?
E’ uno spazio che nessuno conosce dove rielaboro le idee in maniera privata e solitaria, e mi concentro su quello che faccio, trovando il giusto equilibrio che poi porto nel ristorante. Momenti di pensiero, ricerca, meditazione, riflessione nella costruzione anche di nuove idee.

Adesso una nuova scommessa a Milano: Moebius.
Era nella mia testa da 3 anni, ero ancora a Campiglio e in Spagna, dove ho ricevuto la Stella Michelin. Nella mia testa c’era l’idea di arrivare a Milano però con un prototipo e un concetto diverso: non mi interessava il ristorantino da 20 coperti, perché ce ne sono già parecchi. Sarei stato uno dei tanti. Milano è una piazza difficile, in competizione e confronto con grandi professionisti, ha una clientela esigente e da tutto il mondo.

Dunque a Milano sì ma con qualcosa di nuovo?
Sì, perché Moebius è uno spazio sperimentale di 700 mq. Qui abbiamo american bar, tapas-bistro con cucina legata all’Appennino Tosco-Romagnolo. Sospeso in aria c’è una piattaforma che è l’osteria gastronomica, prototipo iniziale del progetto: io nasco dall’osteria e dalla trattoria, e quindi è un ritornare sulla mia origine che nessuno mi può copiare. Oggi, dopo 20 anni e dopo avere girato il mondo, ho una visione in forme diverse che non vuol dire rivisitare.

Eccola detta: “rivisitare”; parola tanto in voga oggi.
Se c’è una cosa che odio è rivisitare. Se faccio pasta e fagioli deve essere pasta e fagioli, non certo pasta destrutturata o scomposta. Se la metto in menu devo fare la migliore pasta e fagioli del mondo. Deve avere l’effetto wow, che è l’esclamazione che adoro in un piatto.

Torniamo a Moebius.
Un locale senza fronzoli, solo tavoli, sedie, un design importante, una grande squadra di sala e cucina pronta a rappresentare l’origine mie romagnola contaminata da tutte le mie esperienze fatte ad oggi nel mondo.


Filippo Fabbri
Calciatore mancato, giornalista per passione. Una stella polare, il motto del grande Gianni Brera: “Prima di scrivere un articolo bevi un bicchier di vino”. Perchè come diceva Baudelaire "bisogna diffidare degli astemi". Contatti: filfabbri@gmail.com
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