«In una città cosmopolita e sofisticata come Milano, la vera provocazione è servire una lasagna o una grigliata di carne». Lo ha detto al Gambero Rosso Enrico Croatti, 42 anni, romagnolo verace, e chef del Lubna, quotato ristorante inaugurato nel capoluogo lombardo. Croatti ha ragione anche quando dice che ormai ci siamo assuefatti alle mode. Adesso è più facile pensare a sashimi o a un tomahawk piuttosto che a un piatto della tradizione. Poi a Giovanni Caldara racconta un gustoso aneddoto: «Anche i miei ragazzi, quando ho illustrato loro la mia idea di cucina, mi hanno guardato perplessi, per non dire del personale di sala: "ma come, la grigliata mista a Milano?" sembravano dirmi quasi con aria schifata».
Però è necessaria una riflessione. E’ vero che trova sempre più spazio una cucina di tendenza, ma è altrettanto vero che le persone non vogliono i grandi classici della cucina italiana. Però bisogna avere il coraggio di proporli. Del resto non è un caso che ha un grande successo, anche se ha un prezzo importante, la carbonara preparata davanti ai clienti da Max Mariola nel suo ristorante milanese.
Naturalmente è fondamentale la qualità e il rapporto con il prezzo. Poi basta con i mini piatti da gastrofighetti (termine sdoganato da Antonella Clerici). Le porzioni devono tornare generose e non effimere.
Ma c'è anche il rovescio della medaglia. Il rapporto qualità prezzo deve essere importante sempre, anche nei locali più economici. Anche se, con sempre maggior frequenza, i gestori sono condizionati dalla richiesta dei clienti che puntano ad uscire tonfi e spendendo poco. A volte invece basterebbe spendere qualche euro in più (pochissimi) per avere almeno un po’ di quella qualità che si dovrebbe chiedere ogni qualvolta si va al ristorante.