Una viticoltura all’avanguardia e sostenibile, resiliente ai cambiamenti climatici e capace di proteggere le viti dagli attacchi delle principali malattie fungine, riducendo l’utilizzo della chimica di sintesi e di sostanze dannose per l’ambiente: una sfida che può essere vinta. L’input per raggiungere l’obiettivo arriva dal progetto ViResClima, coordinato da Ri.Nova, ente di ricerca di Cesena (nell’ambito del Programma di Sviluppo Rurale dell’Emilia-Romagna 2014-2020, Tipo di operazione 16.1.01 – Gruppi Operativi del Partenariato Europeo per l’Innovazione: “produttività e sostenibilità dell’agricoltura” Focus Area 4B). Realizzato in collaborazione con Astra Innovazione e Sviluppo (Tebano, RA), le aziende Terre Cevico (Forlì), Soc. Agr. Visconti Massimo & C. s.s (Vernasca, PC), Az. Vitivinicola Corte Beneficio (Coccanile, FE), la Cooperativa Sociale Il Ventaglio di Orav (Bologna) e Dinamica (Ente di Formazione), il progetto è incentrato sulla coltivazione di nuove varietà internazionali, resistenti alle principali malattie fungine della vite, ottenute di recente attraverso miglioramento genetico tradizionale e coltivate con tecniche agronomiche altamente sostenibili, in particolare l’inerbimento del sottofila con il cosiddetto “trifoglio sotterraneo”.
“Per una viticoltura innovativa e sempre più green, oltre alla coltivazione delle nuove varietà resistenti, una delle strade da percorrere è senz’altro quella delle cosiddette ‘colture da copertura’ o cover crops - spiega Giovanni Nigro, Responsabile del settore vitivinicolo di Ri.Nova -. Oggi, infatti, i consumatori e l'Unione Europea chiedono che la viticoltura sia più sostenibile e faccia un minor uso di agrofarmaci. La richiesta è comprensibile: nonostante la superficie dedicata alla vite da vino rappresenti solo il 3,3% delle terre coltivate europee, assorbe il 65% di tutti i fungicidi usati in Europa. La sostenibilità passa, dunque, da una riduzione dell’uso di agrofarmaci, che può essere ottenuta coltivando varietà resistenti. Inoltre, i riflessi negativi del cambiamento climatico in atto dovuti all’aumento delle temperature ma anche all’intensificazione di fenomeni meteo estremi, hanno portato soprattutto nel periodo primaverile-estivo ha modificato l’attività dei patogeni e impoverito il terreno: in questo scenario occorre utilizzare, oltre ai vitigni resistenti, tecniche agronomiche utili a preservare l’acqua e il suolo. Tra queste, l’inerbimento controllato del vigneto con cover crops è un evidente esempio di strategia atta a mitigare gli effetti del clima: oltre ad arricchire di sostanza organica il terreno, e a migliorarne la struttura chimico-fisica, tale tecnica evita il rischio di frane in terreni in pendenza, aumenta la capacità di calpestamento delle macchine agricole e contribuisce alla diversificazione dell’agroecosistema. Il Trifolium subterraneum, una cover crop autoriseminante, utilizzata nella semina del sottofila, inoltre, fissa l’azoto ed è in grado di preservare l’umidità del suolo”.
I risultati della ricerca
Il progetto si concluderà nella primavera del 2024. Ma i risultati emersi nei primi dodici mesi sono promettenti. Il monitoraggio è avvenuto in un vigneto sperimentale di Tebano (RA), coltivato con varietà resistenti internazionali: “I nostri studi confermano la bontà di questa tecnica di coltivazione - sottolinea Nigro -. Dal punto di vista agronomico le varietà monitorate hanno evidenziato un cospicuo sviluppo e una notevole riduzione del numero di interventi fitosanitari contro oidio e peronospora, i grandi nemici di queste coltivazioni, oltre ad apprezzabili attitudini quali rusticità, produttività, vigoria e resistenza al freddo”.
E non solo: anche dal punto di vista enologico i risultati sono interessanti. “I vini ottenuti da questi vitigni sono stati valutati positivamente nei test di gradevolezza – prosegue Nigro -, coniugando a livello sensoriale la tradizione all’innovazione e valorizzando al tempo stesso le peculiarità del vitigno di origine. Inoltre, il profilo aromatico è apparso in linea con le attuali esigenze del mercato (tipicità, sentori floreali-fruttati, tannini morbidi, colore) e i valori di alcol metilico sono risultati inferiori ai limiti di legge”.
Inoltre, dai dati in possesso di Ri.Nova emerge inoltre che l’inerbimento del sottofila con trifoglio sotterraneo permette di ridurre l’impiego di erbicidi o delle lavorazioni, di migliorare la fertilità, l’apporto di sostanza organica e di azoto e le condizioni idriche del terreno nel periodo estivo. “Tramite la sua radice fittonante, il trifoglio sotterraneo è in grado di penetrare il terreno sulla fila, lavorandone lo strato superficiale, con positivi benefici per la vite - continua Nigro -. Grazie al suo peculiare ciclo di sviluppo (autunno-primaverile), il trifoglio sotterraneo copre il terreno durante l’inverno-primavera, non entrando in competizione idrica con la vite durante la delicata fase estiva. Infatti, al termine della sua fase di sviluppo la pianta dissecca producendo una sorta di strato pacciamante in grado di preservare l’umidità del suolo in corrispondenza dei mesi estivi più caldi. L’impiego ti tale coltura di copertura nel sottofilare della vite consente inoltre di ridurre l’impiego di erbicidi o delle lavorazioni per il controllo delle infestanti, con conseguenti benefici economici e agro-ambientali. Il tutto a fronte di costi di gestione molto bassi, stimati intorno ai 119 euro per ettaro all’anno”.
“Applicare la tecnica dell’inerbimento del sottofila con trifoglio sotterraneo in vigneti coltivati con varietà resistenti alle principali malattie fungine - conclude Nigro - consentirebbe alle aziende agricole di ridurre drasticamente il rilascio di sostanze inquinanti diminuendo l’utilizzo di antiparassitari ed erbicidi, ma anche il transito di macchinari per gli interventi di difesa e gestione del suolo del vigneto. Questo permetterebbe di preservare, al tempo stesso, la fertilità del suolo e il consumo di acqua, in un contesto di cambiamento climatico e in un’ottica di sostenibilità”.