di Giulia Ghirotti
La delegazione Ais ci accoglie alla Vivanderia Note e Aromi, nel centro del parco dell’Osservanza a Imola, per guidarci insieme al produttore Vittorio Navacchia (nella foto), dell’azienda vitivinicola Tre Monti, in una degustazione verticale di Vitalba.
Navacchia, ci propone un‘interpretazione dell’albana che sta facendo parlar di sé ben oltre i confini regionali: Vitalba, Albana DOCG Secco, è stato infatti inserito dalla prestigiosa rivista specializzata americana Wine Enthusiast, fra i migliori vini del mondo del 2017. Addirittura in 25esima posizione, quinto fra i vini italiani.
Il progetto è nato da uno scambio tra un gruppo di produttori di vino che producono anche anfore georgiane, e un gruppo di vignaioli romagnoli col proposito di vinificare vitigni autoctoni nei tradizionali kvevri georgiani.
L’idea si accende nella mente di Carlo Catani, uomo Slow Food, nel 2012 in occasione del Vinitaly, quando, piacevolmente colpito dai vini tradizionali della Georgia, decide di coinvolgere alcuni romagnoli nell’ambizioso progetto: il gruppo si raccoglie sotto la spiritosa insegna di “An son miga fora”, apprende le tecniche e acquista le anfore necessarie per poter iniziare a creare questi vini speciali.Nel disciplinare non scritto di “An son miga fora” l’obbligo di versarvi solo vitigni autoctoni (albana, rebola, malvasia, sangiovese, centesimino), lasciare campo libero ai lieviti indigeni, moderare l’addizione di solforosa, e procedere alla filtrazione solo se strettamente necessario.
Per Vitalba le uve che provengono dalla Vigna Bacchilega, una delle più antiche della tenuta imolese, vengono lasciate intere e non pigiate, poi poste nelle anfore di terracotta. La macerazione sulle bucce dura dai 90 ai 120 giorni, al termine dei quali il mosto/vino viene svinato e poi di nuovo messo in anfora per una ulteriore decantazione sulle fecce.Nella verticale proposta, Vitalba si racconta in sei differenti annate: si parte dall’ultima vendemmia appena imbottigliata dove il frutto la fa da padrone, per salire di complessità man mano che si va indietro negli anni fino al primissimo esperimento del 2013.
Tra le varie annate troviamo alcuni fili conduttori: un colore oro antico, che sorprende per la sua luminosità anche nelle annate più vecchie; un naso che si apre subito in frutti esotici e maturi, fino all’albicocca disidratata, e che poi evolve in note più speziate e balsamiche. In bocca è complesso in un dinamico equilibrio tra le sensazioni dure iodate e minerali, e le morbide rotondità degli alcoli; mentre tannini e acidità tengono vivo il sorso. Ed è proprio nell’astringenza l’impronta inconfondibile del vitigno, l’Albana: è lei la vera regina.“Un rosso vestito da bianco”, come è stato definito, che mette la sua firma anche in questa particolare vinificazione in anfora, facendosi riconoscere.
La regina di Romagna si dimostra anche questa volta una donna indomabile, che a prescindere dal contenitore, ha un carattere esplosivo che non si può contenere.