Sette vini per sette piatti. Protagonista una Romagna lontana dagli stereotipi per eleganza e originalità delle proposte, sia nel piatto che nel calice. Star della serata un Silver Succi in stato di grazia che insieme al maitre sommelier Fabrizio Timpanaro regge le danze con disinvolta autorevolezza, sciorinando un piatto dietro l’altro con ritmo e equilibrio di sapori.
Scenario, la serata di mercoledì 27 marzo, l’elegante sala del Quartopiano di Rimini allestita come un ferro di cavallo, immacolato nella mise en place, per dare visibilità al centro alle sette cantine partner. Un tocco intrigante per trasformare una cena in un evento, favorendo lo scambio, la conoscenza e l’assaggio.
Si parte dal vino. Uno per ciascuna cantina, attorno al quale con abilità e un pizzico di estro il residence chef del Quartopiano ha costruito i piatti. Opere uniche per la maggior parte, che Silver Succi, per sua stessa ammissione, ha immaginato e realizzato ad hoc, in equilibrio con i vini, con l’aiuto di Timpanaro. Risultato? Eccellente. Per alcune proposte addirittura d’applauso.
A interpretare le sette sorelle in sposa ad altrettanti piatti-fratelli, come in un cult anni ’50, una selezione trasversale di cantine, dai colli riminesi al Faentino. Quattro delle quali associate al Club dei Bianchi in Romagna. Palcoscenico alla cesenate Colombarda, cantina ‘di famiglia’ al Quartopiano che ha aperto le danze con il Rebel, brut Metodo Charmat all’aperitivo. E chiuse, al dessert, con una rivisitata Cagnina, ‘La Divina’ , da uve Terrano raccolte in vendemmia tardiva e parzialmente appassiti sui graticci, chiamata ad accompagnare un suntuoso Cremoso al mascarpone glassato al cioccolato, frutta secca e zuppetta di frutti di bosco, dove i cristalli di sale facevano la differenza. Nel mezzo un trionfo di sapori con i vini a duettare con i piati, attenti a sapidità struttura e freschezza. Al top, in apertura, la Spuma di patate, ragù di seppia e briciole di pane in matrimonio perfetto con Zeno Extra Brut, Blanc de Noir Metodo Classico, da uve sangiovese, della Tenuta Santa Lucia di Mercato Saraceno, a seguire Carpaccio scottadito di branzino e ricotta, cicoriella e un’intesa bottarga dal non facile matrimonio. Un piatto costruito da chef e sommelier su un azzeccato ViVi , Rebola ‘materica’, ultima nata in casa San Valentino da Rimini in ottimo dialogo con branzino e bottarga per struttura e acidità.
Più semplice e scorrevole la giovanissima Albana vendemmia 2018 di Marta Valpiani, terroir di Castrocaro che accompagna in rincorsa i Tentacoli di piovra arrostiti con cavolo nero e cipolla di tropea, terzo piatto della serata. Aromatico e profumato su funamboliche Mezzalune di pasta con cime di rapa, anguilla e geleé all’arancia, il Famoso PiandelleMarne del rimimese Podere Vecciano che con l’intensità del bouquet va a caccia del mix aromatico sprigionato dall’accostamento fortunato fra anguilla e geleé di arancia. Inedito e spericolato l’abbinamento a tutto vantaggio di creatività e nuove frontiere. E adesso largo ai rossi. Caciara firmato Enio Ottaviani da San Clemente, sangiovese in purezza con un piede nell’Adriatico. Freddo e beverino, a questo calice, in puro stile riminese il compito di accompagnare la Zuppa di pesce ‘Caffè delle Rose ‘87’, un piato della memoria, tradizionale e sontuoso che Gino Angelini il grande, firmò per il ristorante simbolo della Rimini di quegli anni, nel cuore di piazzale Fellini. C’è ancora tempo, prima del dessert, per un altro abbinamento di struttura: Agnello nell’agnello con purè di carote alla senape, verdure e polvere di liquerizia, piatto trionfale nei sapori delicato e esplosivo, retto a meraviglia dai tannini del Marzeno 2016 sangiovese in purezza della faentina Ca’ di Sopra.