Alla Lasagna non si può rinunciare

Non c’è unità di vedute sull’origine delle lasagne. La Cucina Italiana le fa risalire ad epoca romana. Chiave di lettura però non condivisa dal Gambero Rosso che ritiene la “lagana” romana non somigliante alle nostre lasagne, più propensa a un pane molto sottile cotto al forno o forse fritto.

Invece aggiunge che l’uso di lessare gli impasti di acqua e farina risale al Medioevo e la lasagna è uno dei formati più conosciuti. Tra i padri c’è Fra Salimbene da Parma. Ma riferimenti ci sono anche in altre regioni. In particolare nella Campania che con l’Emilia Romagna si contende la primogenitura di questo piatto. Nel napoletano però è diffuso l’utilizzo di ricotta e mozzarella al posto della besciamella. La pasta delle lasagne trecentesche era composta da sola acqua e farina di grano tenero. Nel Rinascimento l’acqua venne sostituita dalle uova.

Nonostante si stia parlando di uno dei piatti più gettonati della nostra cucina Pellegrino Artusi non ne fece menzione nel suo trattato di gastronomia “La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene”.

Il merito del loro boom è invece da ascrivere agli osti bolognesi che introdussero alcuni cambiamenti a partire dall’inserimento degli spinaci nell’impasto. Poi ci aggiunsero la besciamella e sua maestà il ragù che a Bologna preparano aggiungendo un po’ di latte. L’inserimento non è sbagliato perché rende più rotonda la preparazione, ma nel caso specifico è inutile per la presenza della besciamella.

Rimane il fatto che ne è nato un piatto sublime. Ormai di ricette ce ne sono un’infinità. Le varianti aumentano di giorno in giorno. Ma la vera lasagna resta quella con la carne, la cui ricetta è stata depositata nel 2003 alla Camera di commercio di Bologna. Per quattro persone prevede 500 grammi di ragù, 200 grammi di parmigiano e 350 grammi di besciamella. Questo è il giusto equilibrio. La cosa da evitare è abbondare con la besciamella.

Per quanto riguarda gli strati il minimo è tre. Ma sarebbe un po’ troppo misera. Quattro o ancor meglio cinque sono l’ideale. Anche in questo caso però bisogna evitare di farsi prendere la mano. Farla più ricca è inutile. L'importante poi è la gratinatura finale. Quei lembi di pasta croccanti sono irrinunciabili.


Davide Buratti
Giornalista in pensione, appassionato di enogastronomia. Nato e cresciuto in campagna, ha sempre mantenuto un forte legame con le sue tradizioni e con quei sapori che si irradiavano dal camino o dalla stufa a legna, quella di colore bianco che nelle sere invernali è stata il punto di riferimento per tante generazioni.
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